Uomo politico e scrittore francese. Convertito dalla madre al Calvinismo (1559),
perfezionò i propri studi teologici in Germania e Italia. Amico di G.
Coligny, dopo la strage della notte di San Bartolomeo, si rifugiò per
qualche tempo in Inghilterra. Ritornato in Francia, vi svolse un'intensa
attività di propaganda calvinista, tanto da essere soprannominato il
"papa degli Ugonotti". Consigliere di Enrico di Navarra, il futuro re Enrico IV,
conservò il suo appoggio anche dopo il passaggio di Enrico al
Cattolicesimo. Gli venne attribuita la famosa opera
Vindiciae contra
tyrannos (1579), pubblicata sotto lo pseudonimo di Stefano Giunio Bruto,
divenuta uno dei testi classici della letteratura rivoluzionaria. Il testo si
presenta suddiviso in quattro parti, ciascuna delle quali doveva rispondere a
una questione fondamentale: 1) sono obbligati i sudditi a obbedire ai sovrani
qualora comandino qualcosa che sia contrario alla legge di Dio? 2) è
legittima l'opposizione a un principe che voglia annullare la legge di Dio
oppure distruggere la Chiesa? 3) è legittima l'opposizione a un principe
che opprime e rovina lo Stato? 4) possono i principi vicini aiutare
legittimamente i sudditi di altri principi? Rifacendosi all'ipotesi di un
originario stato di natura, egli affermava il diritto alla ribellione.
Successivamente
M. pubblicò il
De veritate religionis
christianae (1880) e il trattato
Dell'istituzione, uso e dottrina
dell'Eucaristia nella Chiesa antica, che provocò un duro attacco nei
suoi confronti; Enrico IV lo destituì dalla carica di soprintendente
generale alle miniere. Ritiratosi nell'Angiò, a Saumur, nel 1599 vi
fondò la prima accademia protestante francese. Dopo la sollevazione
ugonotta del 1620 dovette dimettersi dal Governo di Saumur e ritirarsi nelle sue
proprietà di La Forêt-sur-Sèvre. Nel 1611 pubblicò
l'opera
Il mistero dell'iniquità, dedicata alla nascita e alla
storia del potere temporale dei papi e della supremazia della Chiesa (Buhy,
Vexin 1549 - La Forêt-sur-Sèvres, Poitou 1623).